Aumenti Istat nelle locazioni commerciali
Nella pratica commerciale, ci si chiede spesso come ci si debba comportare in presenza di una clausola, inserita in un contratto di locazione di immobili adibiti a uso commerciale, che attribuisce al locatore la facoltà di richiedere l’aggiornamento del canone su base dell’indice ISTAT, ossia di quel meccanismo di rivalutazione su base annua del costo della vita, che viene utilizzato per rendere attuale l’ammontare di importi corrisposti periodicamente per molti anni.
Qui di seguito, la risposta ad alcune domande che di frequente si possono presentare.
LA NULLITÀ DELLA RICHIESTA AUTOMATICA DELL’INCREMENTO ISTAT
Con riferimento alla possibilità di inserire una clausola nel contratto di locazione commerciale che prevede l’aggiornamento automatico (senza richiesta del locatore), nonostante tale clausola sia per prassi, quasi sempre presente, la Cassazione, che si è espressa più volte in senso contrario, – per tutte si legga Cass 3014/2012 – ha statuito che “la clausola di un contratto di locazione con la quale le parti convengano l’aggiornamento automatico del canone su base annuale senza necessità di richiesta espressa del locatore è affetta da nullità in base al combinato disposto degli artt. 32 e 79 della legge sull’equo canone”.
Infatti, l’art 32 della legge sull’equo canone che prevede la possibilità di aggiornamenti annuali presuppone che gli aumenti possano avvenire soltanto su specifica richiesta del locatore. Gli aumenti saranno dovuti soltanto dal momento della richiesta; resta preclusa la possibilità di richiedere arretrati, essendo la richiesta da parte del locatore, condizione per il sorgere del relativo diritto (cnf Cass 11675/2014). Tale richiesta, potrà essere avanzata anche in modo informale, ossia non solo verbalmente, ma anche per fatti concludenti (es. indicazione nella fattura di pagamento del canone della voce “incremento istat”)
Resta comunque fatto salvo che, in caso di pagamento da parte del conduttore, in mancanza di formale richiesta avanzatagli dal locatore, questi non ne potrà chiedere la restituzione per non aver mai ricevuto formale richiesta, ma altrettanto il locatore non potrà pretendere gli arretrati se non potrà dimostrare di aver chiesto l’aggiornamento.
LA PRESCRIZIONE DEL DIRITTO A RICHIEDERE GLI ARRETRATI
Con riferimento alla prescrizione degli arretrati eventualmente dovuti (quindi in campo commerciale solo quelli effettivamente richiesti e non corrisposti dopo la richiesta, essa è quinquiennale (ex art. 2948 cc) per il conduttore mentre per il locatore (nel caso in cui abbia incassato canoni maggiorati, come ad esempio il 100% dell’adeguamento istat senza averne diritto) la regola della prescrizione quinquiennale è interrotta ai sensi dell’art.79 l. 392/78 fino a 6 mesi dalla riconsegna dell’immobile locato (è una delle tante norme in tema di locazioni che tutela maggiormente il conduttore, da sempre considerato parte debole del rapporto)
MOMENTO DAL QUALE VANNO CALCOLATI GLI INTERESSI
Per quanto concerne la data a partire dal quale vanno calcolati gli aggiornamenti, si considera quella da cui era dovuto per contratto l’aggiornamento come confermato da Cass 15034/2004 ”l’aggiornamento del canone, dovuto solo se pattuito e dal mese successivo alla richiesta del locatore comunque formulata, va calcolato con il criterio della variazione assoluta, cioè prendendo come base sempre il canone iniziale e tenendo conto dell’intera variazione Istat (ridotta al 75%) verificatasi per l’intero periodo tra il momento di determinazione del canone originario ed il momento della richiesta, restando ininfluente, ai fini di tale calcolo, che per qualche annualità intermedia non sia stato richiesto in precedenza l’aggiornamento, giacchè tale omissione impedisce soltanto l’accoglimento della domanda relativa alla corresponsione degli aggiornamenti pregressi (cd arretrati).”
AGGIORNAMENTO DEL 100%
Infine, in merito alla possibilità di prevedere l’aggiornamento Istat al 100% nel contratto, il nuovo art. 32 prevede tale possibilità solamente con riferimento ai contratti con durata superiore a quella minima stabilita per legge (quindi un contratto commerciale la cui durata minima è 6+6 per poter validamente contenere una clausola che preveda l’aumento istat al 100% dovrà avere una durata di almeno 7+7 o maggiore). A contrario, infatti, l’art 32 recita espressamente che: “le variazioni in aumento del canone, per i contratti stipulati per durata non superiore a quella di cui all’articolo 27, non possono essere superiori al 75 per cento di quelle, accertate dall’ISTAT, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati”.