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Corte di cassazione – Sezione VI penale – Sentenza 2 marzo 2017 n. 10444 e le preclusioni del rito abbreviato.

Il soggetto che venga condannato con rito abbreviato non può eccepire successivamente delle irregolarità legate alla mancata traduzione nella propria lingua (cfr. Dlgs 32/2014, attuazione della direttiva 2010/64/UE).
Secondo i Giudici di legittimità la mancata e tempestiva deduzione della nullità derivante dalla violazione delle disposizioni di cui al D. Lgs. 32/2014, ai sensi dell’art. 182, co. II e III, del c.p.p., da un lato, e la scelta processuale di accesso al rito abbreviato per fatti concludenti, dall’altro, comportano che “nel silenzio serbato in ordine ai pregiudizi subiti da mancata assistenza dell’interprete nelle pregresse fasi, dimostrano una carenza di interesse del prevenuto all’osservanza della disposizione violata e legittimano un epilogo processuale di non deducibilità del richiamata vizio secondo quanto disposto dall’articolo 182, comma 1 del c.p.p.”. La Corte, inoltre, statuisce che una volta che si intenda eccepire la mancata assistenza di un interprete nello svolgimento del processo e nei contenuti degli atti (come avvisi o sentenze), è onere dell’imputato interessato precisare quale sia stato il pregiudizio sofferto al diritto di difesa, allegando le lacune difensive determinate da una specifica non conoscenza dell’atto.