In data 21 giugno 2018, si è tenuta l’udienza per la trattazione del ricorso avente ad oggetto due questioni di particolare (rectius, speciale) importanza sorte successivamente al D.Lgs. 36/2018.
Mutando il regime di procedibilità di taluni reati, invero, sono inevitabilmente sorte incertezze in ordine alle sorti dei giudizi aventi ad oggetto reati interessati dalla riforma, pendenti all’epoca dell’entrata in vigore della nuova disciplina e nell’ambito dei quali non era stata, ab origine, presentata querela. Al riguardo, il summenzionato decreto prevede che “se è pendente il procedimento, il pubblico ministero, nel corso delle indagini preliminari, o il giudice, dopo l’esercizio dell’azione penale, anche, se necessario, previa ricerca anagrafica, informa la persona offesa dal reato della facoltà di esercitare il diritto di querela e il termine decorre dal giorno in cui la persona offesa è stata informata” (art. 12, co. 2, D.Lgs. 36/2018).
Ebbene, è proprio la disposizione testé richiamata ad aver ingenerato i due interrogativi sui quali è oggi chiamata a pronunciarsi la Suprema Corte. Ci si chiede, in particolare, se la verifica in ordine alla presentazione della querela e il conseguente onere di notiziare la persona offesa sussista anche in presenza di ricorso per cassazione dell’imputato che sia stato valutato, in sede di esame preliminare, manifestamente infondato dai giudici di legittimità. Sul punto, soccorre l’insegnamento delle stesse Sezioni Unite in ragione del quale dianzi ad una impugnazione inammissibile, il giudice del gravame non è investito della piena cognizione del procedimento che, nei fatti, si è definitivamente esaurito nel precedente grado di giudizio. La valutazione, pertanto, sulla ammissibilità del ricorso rappresenta un prius logico rispetto allo scrutinio in ordine ad una eventuale decisione a norma dell’art. 129 c.p.p. Il giudice investito del procedimento, quindi, acclarata l’inammissibilità del ricorso presentato dall’imputato non è chiamato a valutare l’avvenuta presentazione della querela e, in sua assenza, a notiziare la persona offesa a norma dell’art. 12, co. 2, D.Lgs. 36/2018).
Il secondo interrogativo involve, invece, il tema della prescrizione e, segnatamente, la computabilità del termine di novata giorni di cui alla predetta disposizione ai fini della maturazione del termine prescrizionale. La rilevanza della presente questione emerge con immediatezza laddove si abbia a considerare che nell’ambito dei giudizi di legittimità spesso l’udienza di trattazione è imminente rispetto a tale scadenza. È innegabile, invero, che nei novanta giorni conseguenti la comunicazione alla persona offesa l’azione penale resti sospesa, in una condizione di inerzia obbligata che logicamente implicherebbe il venire meno del valore del decorso del tempo quale circostanza rappresentativa della non volontà punitiva statale. Nonostante tali, condivisibili, considerazioni, le Sezioni Unite ritengono la norma di cui all’art. 159 c.p. insuscettibile di interpretazione estensiva e, con essa, la disciplina relativa alla sospensione della prescrizione.