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Con una recente pronuncia (cfr. Cass. pen., Sez. IV, 29 aprile 2022, n. 16562) la Suprema Corte di Cassazione ha statuito che “La competenza per le spese di ordinaria amministrazione non soltanto non costituisce una “capitis deminutio” della qualifica datoriale, ma certamente non esclude il potere di spesa in materia di sicurezza; ciò in quanto è obbligo ordinario, non straordinario, e prioritario occuparsi delle misure di prevenzione e protezione in materia di sicurezza”.

La pronuncia in esame trova origine in un procedimento penale avente ad oggetto l’accertamento della responsabilità di un soggetto per la fattispecie aggravata di cui all’art. 589 c.p., poiché il medesimo, nella sua qualità di rappresentante legale di una società, nonché responsabile del servizio di prevenzione e protezione, cagionava, con violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sui luoghi di lavoro, la morte di un operaio mentre questi era addetto alla manutenzione e pulizia di un macchinario in uso all’impresa.

La prima questione affrontata dalla Corte, e decisa in senso affermativo, riguarda la qualifica soggettiva dell’imputato quale datore di lavoro, dal cui riconoscimento discendono gli obblighi in materia di sicurezza e prevenzione degli infortuni suoi luoghi di lavoro.

A tal proposito la Corte osserva che l’imputato, attraverso un atto di nomina, è stato investito della qualifica di amministratore delegato e rappresentante legale della società, qualifiche, queste, di per sé sufficienti, in base alla normativa vigente, ad attribuire il ruolo di datore di lavoro. Inoltre, la stessa delibera ha attribuito al medesimo soggetto anche la qualifica di direttore di stabilimento, con conseguente ampia capacità gestoria dell’intera azienda.

L’esercizio in concreto dei poteri organizzativi, decisionali, gestionali e di spesa ha, pertanto, attribuito senza alcun dubbio la qualifica di datore di lavoro all’imputato, qualifica, questa, alla quale sono inscindibilmente connessi gli obblighi in materia di sicurezza dei luoghi di lavoro.

Come affermato dalla Corte, il potere di spesa in materia di sicurezza rientra tra gli obblighi ordinari e normali, e non straordinari, della figura datoriale.

La seconda questione attiene alla somma di cariche distinte, ossia quella di datore di lavoro e di responsabile del servizio di prevenzione e protezione, in capo al medesimo soggetto.

Questi due ruoli, radicalmente diversi tra loro dal punto di vista funzionale, poiché il datore di lavoro esercita poteri decisori, organizzativi e gestori mentre il responsabile del servizio di prevenzione funzioni consultive, dovrebbero essere mantenuti distinti proprio in virtù dei differenti fini per i quali sono attribuiti.

La commistione di tali funzioni e posizioni di garanzia costituisce un colposo difetto di organizzazione che ricade sul datore di lavoro.

Risolte, dunque, in senso affermativo le questioni relative alle qualifiche soggettive, in assenza di elementi di prova del trasferimento di obblighi propri del datore di lavoro in capo ad altro soggetto tramite un atto di delega formale, l’imputato è chiamato a rispondere di una duplice condotta omissiva colposa, ossia la completa ed esauriente valutazione del rischio connesso all’impianto utilizzato dal dipendente infortunato e l’attività di adeguata formazione dei lavoratori.

Esclusa, altresì, la presenza di fattori causali concorrenti, atipici o interruttivi del nesso causale, la Corte rigetta i motivi di ricorso e conferma la responsabilità penale dell’imputato per il reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione della normativa antinfortunistica.

Avv. Daniele Speranzini