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Diritto PenaleDiritto Processuale Penale

La prescrizione e la particolare tenuità del fatto in materia di responsabilità amministrativa degli enti ex D.Lgs. 231/2001

By 10 Febbraio 2020No Comments

In tema di responsabilità amministrativa degli enti, si richiamano due pronunce della Suprema Corte, pubblicate in data 15 gennaio 2020.

In tali occasioni, la Cassazione ha cura di sottolineare talune peculiarità che contraddistinguono la responsabilità amministrativa derivante da reato e la differenziano rispetto a quella penale delle persone fisiche, autrici del reato presupposto.

Nella prima delle due vicende in commento, i giudici di legittimità tornano a ribadire la inapplicabilità, alla responsabilità amministrativa degli enti, della disciplina della prescrizione, trovando, viceversa, applicazione l’art. 22 del D.Lgs. 231/2001 (Cass. Sez. III, sent. 15 gennaio 2020, n. 1432).

Tale previsione normativa prevede, non solo, che la “contestazione dell’illecito amministrativo” all’ente (a norma dell’art. 59, comma 1, D.Lgs. 231/2001) interrompa la prescrizione, ma che tale interruzione si protragga fino al momento in cui passi in giudicato la sentenza che definisce il giudizio a carico dell’ente medesimo.

La Cassazione, quindi, non ha potuto che riformare la sentenza della Corte d’Appello, la quale aveva dichiarato di non doversi procedere nei confronti dell’ente, in ragione della intervenuta prescrizione degli illeciti amministrativi contestati alla società.

All’ente imputato, infatti, veniva notificata la richiesta di rinvio a giudizio e contestuale provvedimento di fissazione della udienza preliminare, solo in data 9 giugno 2015, con la conseguenza che, al momento della emissione della sentenza di secondo grado, l’illecito amministrativo contestato non poteva considerarsi prescritto.

Argomenta, infatti, la Suprema Corte asserendo come “la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti dell’ente, in quanto atto di contestazione dell’illecito, interrompe, per il solo fatto della sua emissione, la prescrizione e ne sospende il decorso dei termini fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio” (Cass. Sez. III, sent. 15 gennaio 2020, n. 1432).

Nella seconda sentenza in oggetto, i giudici di legittimità attestano la non applicabilità, in ambito di responsabilità amministrativa derivante da reato, della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui all’art. 131-bis c.p.

La predetta esimente, come noto, comporta l’esclusione della punibilità laddove per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, l’offesa al bene giuridico tutelato risulti di particolare tenuità ed il comportamento del reo non sia caratterizzato da abitualità.

La Suprema Corte riconosce come la mancata applicazione dell’art. 131 bis c.p. alla responsabilità amministrativa dell’ente, si giustifichi in ragione, ancora una volta, della ontologica diversità che intercorre tra la responsabilità dell’ente rispetto a quella penale della persona fisica, autrice del reato presupposto.

La causa di non punibilità in oggetto, in particolare, attiene al fatto criminoso per come in concreto si è realizzato, sotto il profilo della gravità dell’offesa perpetrata e della abitualità della condotta delittuosa. Tutti profili, questi, direttamente ricollegabili all’autore materiale del reato ma non all’ente, la cui responsabilità amministrativa trova nel reato esclusivamente il suo presupposto giuridico.

La Cassazione chiarisce, infatti, che: “Detta causa di esclusione della punibilità non è, poi certamente applicabile alla responsabilità amministrativa dell’ente, essendo espressamente e univocamente riferita alla realizzazione di un reato, la cui punibilità viene esclusa per la particolare tenuità dell’offesa e la non abitualità del comportamento, mentre, come evidenziato, quella dell’ente trova nella realizzazione di un reato solamente il proprio presupposto storico, ma è volta a sanzionare la colpa di organizzazione dell’ente” (Cass. Sez. III, sent. 15 gennaio 2010, n. 1420).

La Cassazione conclude affermando che tale impostazione ermeneutica non si pone in contrasto con il dettato dell’art. 8, D.Lgs. 231/2001.

La predetta disposizione normativa, infatti, prevede che la responsabilità dell’ente debba essere, in ogni caso accertata, anche se l’autore del reato sia rimasto ignoto o sia non imputabile e se il reato si estingue per causa diversa dall’amnistia. Nulla, invece, viene stabilito in ordine all’ipotesi in cui l’autore del reato presupposto non sia punibile ex art. 131-bis c.p.

Tale “lacuna”, tuttavia, non scalfisce l’approccio interpretativo prospettato dalla Suprema Corte e ciò, per la elementare ragione che la causa di esclusione della punibilità in oggetto è stata introdotta solo successivamente alla stesura del D.Lgs. 231/2001 che, infatti, non ne fa menzione.

Da ciò, la necessità che il giudicante proceda all’autonomo accertamento della responsabilità amministrativa dell’ente, anche nel caso in cui trovasse applicazione, con riferimento all’autore del reato presupposto, la causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis c.p.

 

– Cass. Sez. III, sent. 15 gennaio 2020, n. 1432 –

– Cass. Sez. III, sent. 15 gennaio 2010, n. 1420 –