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Sulla questione della concessione dei finanziamenti Covid da parte delle banche, si è pronunciato il Tribunale di Bologna (c.d. “Tribunale”) con l’ordinanza del 2 ottobre 2020.

Il caso è il seguente: una società di capitali, tramite ricorso ex art. 700 c.p.c., chiedeva al Tribunale di ordinare alla banca di riferimento la concessione della c.d. moratoria dei pagamenti ai sensi dell’art. 56 D.L. 18/2020 e, in seguito, la rinegoziazione del debito complessivo ai sensi dell’art. 13 D.L. 18/2020; la banca, invece, chiedeva il rigetto del ricorso cautelare, adducendo l’assenza dei requisiti soggettivi per poter beneficiare di tali misure finanziarie.

Innanzitutto, il Giudice cautelare ha chiarito le norme cui fare riferimento.

L’art. 56 D.L. 18/2020, convertito in Legge n. 27/2020, ha introdotto sostegni economici a favore di micro – piccole – medie imprese che sono state colpite dalla Pandemia, concedendo a queste ultime la possibilità di usufruire di benefici nei confronti di istituti finanziari, previo rilascio di un’autocertificazione che attesti che le temporanee carenze di liquidità subite sono conseguenza diretta della diffusione dell’epidemia da Covid; inoltre, il comma 4 del predetto articolo dispone che per poter avvalersi dei sostegni economici, l’impresa che li richiede non deve avere esposizioni debitorie che siano classificate come esposizioni creditizie deteriorate. A tal proposito, il Tribunale sottolinea che, sulla base della Circolare della Banca d’Italia n. 139/1991 e della Circolare ABI n. 272/2008, i crediti deteriorati si suddividono in tre sottocategorie e si distinguono come segue:

– le sofferenze, in cui rientra il complesso delle esposizioni creditizie nei confronti di un soggetto in stato di insolvenza (anche non accertato giudizialmente) o in situazioni sostanzialmente equiparabili;

– le inadempienze probabili, ovvero linee di credito per le quali l’intermediario reputa improbabile che il debitore adempia integralmente alle proprie obbligazioni, secondo una valutazione di merito creditizio indipendente dalla presenza di eventuali importi (o rate) scaduti e non pagati;

– gli inadempimenti persistenti, ossia i crediti scaduti o sconfinanti in via continuativa da oltre 90 giorni.

Nel caso di specie, il Giudice ha rigettato il ricorso cautelare, alla luce delle seguenti motivazioni:

le esposizioni debitorie della società ricorrente sono state valutate dalla banca come crediti deteriorati e questo ancor prima del diffondersi dell’emergenza sanitaria che è alla base della normativa in oggetto a sostegno delle imprese; la banca ha effettuato tale valutazione alla luce di inadempimenti anteriori al periodo di emergenza sanitaria, come la notifica di un pignoramento presso terzi e il riconoscimento da parte della società di un importante debito presso l’Erario.

Pertanto, si deve escludere che la mancanza di liquidità della società ricorrente sia conseguenza diretta del diffondersi dell’epidemia. Inoltre, l’art. 13 D.L. 23/2020 non ha introdotto alcun obbligo per le banche, ma ha disposto misure per sostenere le imprese colpite dall’epidemia. Non è quindi possibile interpretare la norma attribuendole un significato più esteso di quello testuale, poiché si è di fronte a norme eccezionali che devono essere interpretate in maniera restrittiva. Questo significa che tale norma deve essere interpretata nel senso che alle banche è concesso il diritto di accettare o rifiutare la rinegoziazione in base alla valutazione del merito creditizio. Inoltre, il Tribunale precisa che questa valutazione è estremamente importante non solo per garantire gli interessi della stessa banca, ma soprattutto per assicurare il corretto uso del denaro pubblico.

Infine, nel caso in esame, in virtù della mancanza dei presupposti necessari per l’applicazione della normativa emergenziale a favore delle imprese, il Tribunale ha ritenuto superflua qualsiasi analisi sul periculum, trattandosi di requisiti che devono sussistere contemporaneamente; periculum che, in merito alle obbligazioni pecuniarie e ai fini dell’accoglimento dell’istanza d’urgenza, non può limitarsi alla mera diminuzione patrimoniale, ma che deve invece consistere in un grave e irreparabile pregiudizio (come, ad essempio, un fallimento) che derivi dal protrarsi della situazione fattuale in cui ci si trova e che sia causalmente collegato con gli adempimenti alla base della richiesta cautelare.