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Il D.lgs. 231/2001 prevede a carico delle società (enti) che dovessero essere riconosciute colpevoli di illeciti amministrativi dipendenti da reato un articolato sistema di sanzione nell’ambito del quale è possibile distinguere tra:

  •  sanzioni pecuniarie;
  • sanzioni interdittive (l’interdizione dall’esercizio dell’attività, che comporta, di fatto, la chiusura dell’intera azienda o di un suo ramo; la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, concessioni, licenze; il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvi i contratti per servizi di pubblica necessità; l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi, o la revoca di quelli già ottenuti; il divieto di pubblicizzare beni o servizi);
  • confisca (al momento della sentenza di condanna, il giudice dispone sempre la confisca del prezzo o del profitto del reato, fatta salva la parte che può essere restituita al danneggiato e i diritti dei terzi in buona fede; la confisca è ammessa anche “per equivalente” e cioè per una somma di denaro, beni o altre utilità di valore equivalente al prezzo o al profitto del reato);
  • pubblicazione della sentenza di condanna.

Con specifico riferimento alle sanzioni pecuniarie le stesse rappresentano la pena tipica per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato, nel senso che sono sempre applicate alle società riconosciute colpevoli all’esito del procedimento penale.
La pena pecuniaria è quantificata con il sistema delle “quote” (unità di misura così espressamente definita dal legislatore).
La determinazione del quantum è rimessa, nel rispetto della cornice edittale normativamente fissata, alla discrezionalità del giudice il quale procede attraverso due distinte fasi valutative:
1) nella prima fase, individua il numero delle quote da applicare che può variare da un minimo di 100 ad un massimo di 1.000. In tale fase i parametri di riferimento sui quali il giudicante fonda la propria discrezionale determinazione sono la gravità del fatto, il grado di responsabilità dell’ente (considerando, ad esempio, se risultano essere stati adottati o meno modelli organizzativi, codici etici, sistemi disciplinari, nonché il loro eventuale grado di efficacia), la sussistenza di eventuali condotte riparatorie nei confronti dei soggetti danneggiati;

2) nella seconda fase, determina il valore di ogni singola quota che può variare da un minimo di 258 euro ad un massimo di 1.549 euro. In tale fase, per assumere le proprie determinazioni, il giudice valuta le condizioni economiche e patrimoniali della società così da assicurare l’efficacia della sanzione.
L’importo finale della sanzione sarà, dunque, il prodotto della moltiplicazione tra l’importo della singola quota e il numero di quote da applicare, per un ammontare complessivo che potrà, pertanto, variare da un minimo di 25.800 euro ad un massimo di 1.549.000 euro.

A norma dell’art. 12 D.lgs. 231/2001, la sanzione pecuniaria è ridotta della metà se la società non ha ricavato un vantaggio consistente dal reato o se il danno patrimoniale cagionato è tenue e se l’autore del reato (persona fisica) ha commesso il fatto nel suo prevalente interesse (e non in quello della società).
Una ulteriore riduzione della sanzione pecuniaria (da un terzo alla metà) è applicabile se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, l’ente ha risarcito integralmente il danno o è stato adottato un modello organizzativo idoneo a prevenire reati della stessa specie di quello per il quale si procede. Se ricorrono entrambe le condizioni testé individuate la pena è ridotta da due terzi alla metà.
In ogni caso la sanzione pecuniaria non può mai essere inferiore a 10.329 euro.

L’incidenza e la gravità della sanzione pecuniaria (il cui ammontare può variare in maniera considerevole, tra un minimo di 25.800 euro e un massimo di 1.549.000 euro) varia caso per caso, dipendendo, ovviamente, dalla consistenza finanziaria e strutturale della società.
La possibile applicazione di pene pecuniarie per importi ingenti, soprattutto se accompagnata da sanzioni interdittive, può compromettere, anche in modo irreversibile, l’attività aziendale, motivo per il quale appare opportuno avvalersi della consulenza di un esperto sia nella predisposizione ed implementazione di modelli organizzativi adeguati sia nella valutazione delle criticità connesse ai singoli casi concreti.

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