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L’opponibilità al terzo contraente delle limitazioni dei poteri di rappresentanza degli organi di società di capitali – l’accordo fraudolento

La Cassazione civile con l’ordinanza n. 26239/2021 ha recentemente affrontato il caso relativo all’opponibilità al terzo contraente delle limitazioni dei poteri di rappresentanza degli organi di società di capitali.

Ricordiamo come, il codice civile, preveda due disposizioni in merito, per le società di capitali, ossia,

  • l’art. 2384, comma 2, in tema di SPA, secondo il quale: “Le limitazioni ai poteri degli amministratori che risultano dallo statuto o da una decisione degli organi competenti non sono opponibili ai terzi anche se pubblicate, salvo che si provi che questi abbiano intenzionalmente agito a danno della società
  • l’art. 2475 bis, comma 2, c.c, che prevede come “Le limitazioni ai poteri degli amministratori che risultano dall’atto costitutivo o dall’atto di nomina, anche se pubblicate, non sono opponibili ai terzi, salvo che si provi che questi abbiano intenzionalmente agito a danno della società”

La Corte, nel rigettare il ricorso presentatole, osserva che, ai fini dell’opponibilità al terzo contraente delle limitazioni dei poteri di rappresentanza degli organi di società di capitali, la normativa vigente richiede non già la mera conoscenza della esistenza di tali limitazioni da parte del terzo, ma altresì la sussistenza di un accordo fraudolento o, quanto meno, la consapevolezza di una stipulazione potenzialmente generatrice di danno per la società.

La Corte di Venezia ha, infatti, rilevato che, «ai fini dell’opponibilità al terzo contraente delle limitazioni dei poteri di rappresentanza degli organi di società di capitali, l’art. 2384, comma 2, e l’art. 2475 bis, comma 2, c.c. richiedono non già la mera conoscenza della esistenza di tali limitazioni da parte del terzo, ma altresì la sussistenza di un accordo fraudolento o, quanto meno, la consapevolezza di una stipulazione potenzialmente generatrice di danno per la società».

 Secondo sia i principi generali (vedasi art. 2697 c.c.), confermati dal contenuto dell’art. 2475 bis c.c., l’onere della prova della effettiva esistenza di un accordo fraudolento, ovvero della consapevolezza di una stipulazione potenzialmente generatrice di danno, viene a incombere sul soggetto che intende predicare l’opponibilità del vizio al terzo e l’inefficacia dell’atto.

Avv. Luca Membretti