2. La Riforma Orlando e il regime di impugnazione delle sentenze di non luogo a procedere.
La Legge 23 giugno 2017, n. 103, entrata in vigore il 3 agosto 2017, ha apportato rilevanti modifiche, tra le altre, anche alla disposizione di cui all’art. 428 c.p.p. e, in particolare, a quanto dalla medesima previsto in ordine al regime di impugnabilità delle sentenze di non luogo a procedere emesse all’esito della udienza preliminare. Ed invero, prima della summenzionata riforma, tali provvedimenti potevano essere rimessi al vaglio della Suprema Corte, mediante il cd. ricorso per saltum o ricorso immediato in cassazione (art. 568 c.p.p.) mentre, oggi, possono essere impugnati interponendo atto di appello. La legge del 2017 ha, altresì, ripristinato quanto stabilito dalla Legge 20 febbraio 2006, n. 46 con riferimento alle modalità di impugnazione del provvedimento di non luogo a procedere ad opera della parte civile costituita in giudizio. La parte civile, infatti, ad oggi può unicamente proporre appello avverso tale decisione (e non più anche ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p.), nei soli casi previsti dall’art. 419, co. 7 del codice di rito (nullità a seguito di mancata o tardiva notificazione dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare).
Nonostante la portata delle innovazioni introdotte, la legge del 2017 nulla dispone in ordine all’individuazione del regime transitorio applicabile. Stante il silenzio del legislatore, trova applicazione il principio tempus regit actum il quale impone di far riferimento al momento di emissione del provvedimento impugnato e non, invece, al momento della sua impugnazione. La nuova disciplina, pertanto, troverà applicazione in relazione a sentenze di non luogo a procedere pronunciate successivamente all’entrata in vigore della presente normativa mentre deve ritenersi ancora ricorribile in cassazione la pronuncia di proscioglimento che sia stata emessa anteriormente al 3 agosto 2017 (sul punto, Cass., Sez. IV, ord. 15 giugno 2018, n. 27526; Cass., Sez. IV, 30 marzo 2018, n. 14674; Cass. Sez. V, 9 ottobre 2017,. n. 46430).