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La Cassazione civile con l’ordinanza n. 27227/2021, pubblicata il 7 ottobre 2021,  ha stabilito che le opzioni put e call possono trovare collocazione in patti parasociali conclusi tra i soci di una società e possono violare il divieto di patto leonino, ex art. 2265 c.c., soltanto quando alterino la struttura e la funzione del contratto sociale, senza che possa assumere rilievo il mero trasferimento del rischio interno fra i soci.

Procediamo per gradi, analizzando prima che cosa sia il patto leonino, quindi le opzioni put e call e la loro relazione con i patti parasociali.

PATTO LEONINO: L’art. 2265 c.c. sanziona con la nullità il patto con il quale uno o più soci sono esclusi da ogni partecipazione agli utili o alle perdite. La dizione “patto leonino” evoca l’origine, di matrice favolistica, della denominazione del divieto. Si narra, infatti, che, catturata la preda in collaborazione con altri animali, un leone abbia preteso di tenerla tutta per sé.  La ratio di tale previsione pare risiedere in un principio di ordine pubblico ed economico volto a garantire la corretta conduzione della società nell’interesse di quest’ultima, dei terzi creditori e della collettività. In particolare, il divieto mira a impedire che un socio possa recitare la parte del “leone”, e cioè possa influenzare la gestione dell’impresa pur non sopportando il rischio economico delle decisioni adottate dalla società, considerato che il rischio imprenditoriale rappresenta “il miglior incentivo all’esercizio avveduto e corretto dei poteri amministrativi”.

Nonostante il divieto di cui all’art. 2265 cod. civ. – contenuto nel Libro quinto, Titolo V, Capo II del codice civile – sia previsto con riferimento alle società di persone senza alcun rimando alle società di capitali – è ormai pacifico che la norma sia applicabile a tutte le imprese organizzate in forma societaria, ivi incluse le società di capitali, in quanto l’art. 2265 cod. civ. attiene alle condizioni del tipo “contratto di società”” ai sensi dell’art. 2247 cod. civ.

LA CLAUSOLA DI OPZIONE PUT E LA CLAUSOLA DI OPZIONE CALL: sono due contratti di opzione soggetti alla disciplina di cui all’articolo 1331 c.c. aventi ad oggetto il primo una proposta irrevocabile di acquisto (clausola put) e il secondo una proposta irrevocabile di vendita (clausola call).

Mediante la stipulazione del contratto put, una parte acquisisce il diritto potestativo di vendere una partecipazione sociale, diritto da esercitare entro il termine contenuto a mente dell’articolo 1329 c.c.. Al contrario, mediante la stipulazione di un contratto di call una parte ha il diritto potestativo di acquistare, sempre entro il termine convenuto, la partecipazione della controparte, che si trova in uno stato giuridico di soggezione. Le clausole in oggetto ricorrono frequentemente nei contratti di acquisizione parziale di partecipazioni sociali, laddove viene a generarsi una situazione di joint venture tra due partners.

Tramite l’opzione di put una parte si riserva la facoltà di disinvestimento, mediante la vendita della sua partecipazione alla controparte, solitamente all’altro o ad un altro socio; in definitiva si realizza una possibile tecnica di way out dell’operazione economica, per la ragioni più diverse.

Con l’opzione di call, invece, una parte ottiene il diritto di acquistare la partecipazione della controparte, con l’obiettivo di incrementare il proprio investimento nell’operazione o di estromettere l’altro socio dalla compagine sociale.


LE OPZIONI PUT E CALL NEI PATTI PARASOCIALI
: è prassi diffusa che le parti di un patto parasociale si concedano reciprocamente un’opzione di put ed un’opzione di call. Lo scopo perseguito è quello di rendere certa per il socio che concede un’opzione di put e riceve un’opzione di call  l’uscita dell’altro socio; e dall’altro lato, per il socio che riceve un’opzione di put e concede un opzione di call il diritto a disinvestire, uscendo dall’operazione.


I FINANZIAMENTI IN FORMA PARTECIPATIVA:
 sono dei finanziamenti mediante i quali una società o una banca d’affari conferisce capitale di rischio in un’altra società: l’apporto di nuovo capitale consente alla società finanziata di realizzare operazioni industriali ad alto rischio o di quotarsi in un mercato regolamentato. Il soggetto finanziatore accetta di prendere parte al capitale sociale della società finanziata con lo scopo di uscirne una volta decorso il periodo necessario alla massimizzazione del proprio investimento: ciò viene attuato attraverso la previsione – in via statutaria o parasociale – di un’opzione put che consenta al socio finanziatore di cedere le proprie partecipazioni al socio concedente detta opzione o ad un soggetto terzo.

Passiamo alla pronuncia della Corte di cassazione che si è espressa circa la legittimità del patto parasociale contenente un’opzione put e call, con specifico riferimento alla possibile interferenza di quest’ultima con il divieto di patto leonino di cui all’art. 2265 c.c.

Nel caso sottoposto all’esame della Corte, era stato concluso un accordo parasociale in vista di un’acquisizione societaria, in forza del quale una società aveva concesso ad un socio investitore un’opzione put a prezzo prestabilito  dietro la corresponsione del prezzo di acquisto delle azioni, oltre agli interessi ed agli eventuali ulteriori versamenti sul patrimonio netto. A fronte dell’impegno assunto dall’altro socio di acquistare la partecipazione al prezzo di acquisto, il socio finanziatore poteva, in qualsiasi momento, recedere dall’investimento.

La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, preliminarmente ricorda che le call options sono contratti in cui l’acquirente acquista, con il pagamento del premio, il diritto, ma non l’obbligo, di acquistare un determinato bene a un prezzo specifico, mentre le put options sono contratti in cui l’acquirente acquista, con il pagamento del premio, il diritto, ma non l’obbligo, di vendere un determinato bene a un prezzo specifico: il meccanismo tecnico giuridico delle opzioni non è tuttavia delimitabile solo all’interno dei derivati finanziari in ambito borsistico, ben potendo i patti parasociali contenere il medesimo meccanismo dell’opzione, limitatamente ai soci di una società, dei quali l’uno funga da socio finanziatore garantito dal patto.

La sentenza in commento richiama la pronuncia della Corte di Cassazione 4 luglio 2018, n. 17498 che aveva già qualificato come lecito e valido l’accordo siglato tra due soci di una S.p.A., che prevedeva l’obbligo, per uno di loro, in occasione di un finanziamento partecipativo, di manlevare l’altro da eventuali conseguenze negative del conferimento effettuato in società attraverso l’attribuzione di vendita (put) entro un dato termine e il corrispondente obbligo di acquisto della partecipazione sociale a prezzo predeterminato. Secondo la Corte, tale tipologia di accordo non incontra il divieto di patto leonino, che opera solo quando il patto venga stipulato tra la società e il socio, e non quando sia il frutto di un accordo meramente interno tra i soci, che non coinvolga la società o che rimanga del tutto ininfluente ai fini della realizzazione della causa societaria.

Per la Suprema Corte in commento, la ratio del divieto di patto leonino di cui all’art. 2265 cod.civ. va “ricondotta ad una necessaria suddivisione dei risultati dell’impresa economica, tuttavia quale tipicamente propria dell’intera compagine sociale e con rilievo reale verso l’ente collettivo; mentre nessun significato in tal senso potrà assumere il trasferimento del rischio puramente interno fra un socio e un altro socio o un terzo, allorché non alteri la struttura e la funzione del contratto sociale, né modifichi la posizione del socio in società, e dunque non abbia nessun effetto verso la società stessa“.

Avv. Luca Membretti