Si esclude l’inadempimento per la parte che non si presenta al rogito a causa del divieto di spostamento tra regioni dettato dal DPM 17 maggio 2020.
Il Tribunale di Verona, con decreto 8 luglio 2019, (dott. Massimo Vaccari) ha rigettato il ricorso per decreto ingiuntivo con il quale era stato richiesto da parte del promissario acquirente di una villetta a schiera nei confronti del promittente venditore, il pagamento dei costi di agenzia ed del doppio della caparra – dovuto al ricorrente in conseguenza dell’inadempimento, da parte del promissario venditore, dell’obbligo di stipulare un contratto definitivo di compravendita immobiliare.
Le Parti si erano obbligate, in sede di preliminare ad addivenire alla stipula del contratto definitivo di compravendita entro la data del 30 aprile 2020, indicata quale «… termine essenziale anche per il rilascio e la liberazione dell’immobile…il mancato rispetto del predetto termine avrebbe comportato la risoluzione del contratto e l’obbligo per la parte inadempiente di pagare quanto dovuto all’agenzia per l’attività di intermediazione prestata nell’affare oltre al doppio della caparra, ammontante ad € 17.000,00».
Parte promittente venditrice pur avendo manifestato la disponibilità a stipulare il rogito entro il 25 maggio 2020, non si presentava innanzi al notaio. Ne era conseguito il recesso dal contratto della parte promissaria acquirente. A nulla era valsa la disponibilità dei promissari venditori a differire la stipula a data successiva al 3 giugno.
Il Tribunale, sulla scorta di quanto previsto dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 17 maggio 2020, che ha imposto il divieto di trasferimento extra regione «… atteso che il dpcm del 17 maggio 2020 aveva vietato fino al 2 giugno 2020 gli spostamenti tra regioni, salvo quelli dovuti a “ragioni di lavoro, assoluta urgenza ovvero per motivi di salute propri o di un parente stretto che ne abbia necessità” …», ha attribuito a tale previsione carattere di esimente da responsabilità da inadempimento per il debitore.
il Tribunale di Verona ha qualificato come “norma di portata generale”, tale da disciplinare anche le obbligazioni di carattere pecuniario, quella contenuta nell’articolo 91 del Decreto legge 17 marzo 2020 n. 18 (convertito nella legge 24 aprile 2020 n. 27), ove si dispone che «il rispetto delle misure di contenimento … è sempre valutato ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 codice civile, della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti».
Il giudice ha concluso che la parte resistente «… non può considerarsi inadempiente alla sopra citata clausola del contratto preliminare atteso che l’inosservanza del termine fissato per la stipula del definitivo è stata determinata dalla necessità per uno dei promittenti venditori di osservare le misure di contenimento della diffusione del virus».
Ai sensi degli artt. 1218 e 1256 c.c., il debitore è responsabile per l’inadempimento dell’obbligazione fino al limite della possibilità della prestazione, presumendosi, fino a prova contraria, che l’impossibilità sopravvenuta, temporanea o definitiva, della prestazione stessa gli sia imputabile per colpa. L’impossibilità sopravvenuta che libera dall’obbligazione deve essere obiettiva, assoluta e riferibile al contratto e alla prestazione ivi contemplata e deve consistere non in una mera difficoltà, ma in un impedimento, del pari obiettivo e assoluto, tale da non poter essere rimosso, a nulla rilevando comportamenti di soggetti terzi rispetto al rapporto (Cass. nn. 15073/09, 9645/04, 8294/90, 5653/90 e 252/53).
Di conseguenza l’impossibilità sopravvenuta della prestazione produce gli effetti estintivi o dilatori se deriva da una causa avente natura esterna e carattere imprevedibile secondo la diligenza media (cfr. Cass. nn. 2691/87, 3844/80, 2555/68) – cd. factum principis. Il Tribunale ha attribuito al divieto de quo, appunto, valenza di factum principis con la conseguenza che l’obbligazione si è estinta. Il giudice monocratico ha ricostruito in termini accurati la vicenda intercorsa e ha stabilito l’inesistenza di un inadempimento imputabile che ha escluso la responsabilità del debitore, anche in relazione «…all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti».
Merita un cenno anche l’argomento relativo alla prova dell’inadempimento di una obbligazione. La sentenza della Cassazioni a Sezioni Unite n. 13533/2001, in tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, statuisce che il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento ed eguale criterio di riparto dell’onere della prova deve ritenersi applicabile al caso in cui il debitore convenuto per l’adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno si avvalga dell’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. (risultando, in tal caso, invertiti i ruoli delle parti in lite, poiché il debitore eccipiente si limiterà ad allegare l’altrui inadempimento ed il creditore agente dovrà dimostrare il proprio adempimento, ovvero la non ancora intervenuta scadenza dell’obbligazione.
In condizioni “ordinarie”, dunque, il Tribunale, a fronte della prova documentale della scadenza del termine, oltretutto qualificato come essenziale nel corpo del contratto preliminare rimasto inadempimento, e della mancata comparizione innanzi al notaio della parte, avrebbe certamente accolto la domanda ed emesso l’ingiunzione richiesta.Nel caso di specie, viceversa, il magistrato ha operato tenendo in debito conto quanto stabilito dalla disciplina emergenziale e pronunciato un decreto di rigetto dell’istanza.