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In materia di ripartizione degli obblighi antinfortunistici all’interno delle società di capitali, la legge individua, quale soggetto gravato di tali obblighi, il “datore di lavoro”, ossia quel soggetto che, grazie ai poteri di cui gode nella gestione della res societaria, è in grado di adottare le necessarie misure antinfortunistiche.

L’art. 2 del D.Lgs. 81/2001 nel delineare la figura del datore di lavoro dispone che tale qualifica deve riconoscersi al “soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l’assetto dell’organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa”. Tale definizione, peraltro, trova conforto nella costante giurisprudenza in subiecta materia la quale, invero, fa anch’essa riferimento alla effettiva e concreta gestione della società.

Tanto premesso, nelle sentenze in commento, la Suprema Corte si concentra su quei casi in cui, all’interno della società, i poteri tipici del “datore di lavoro” – testé richiamati, come individuati dall’art. 2, D.Lgs. 81/2001 – siano svolti da una collegialità di soggetti e, segnatamente, dal Consiglio di Amministrazione.

In siffatte ipotesi, a parere dei giudici di legittimità, “gli obblighi inerenti alla prevenzione degli infortuni posti dalla legge a carico del datore di lavoro, gravano indistintamente su tutti i componenti del consiglio di amministrazione, salvo il caso di delega, validamente conferita, della posizione di garanzia” (Cass. Sez. IV, 3 gennaio 2020, n. 54).

Nell’ambito di un’organizzazione societaria, è, pertanto, necessario verificare quale sia in concreto la figura – ovvero, in ipotesi, le figure componenti di un organo collegiale – che eserciti i poteri decisionali e di spesa e ciò, al fine di individuare il soggetto (o i soggetti) destinatario degli obblighi previsti dalla legge in materia di prevenzione degli infortuni e, di conseguenza, il soggetto (o i soggetti) che possa essere ritenuto penalmente responsabile in occasione della violazione di questi ultimi.

Può, tuttavia, accadere che, all’interno di organizzazioni societarie complesse, ai processi decisionali partecipino anche soggetti, collettivi o unipersonali, diversi dal “datore di lavoro”. È questo il caso, per esempio, del Comitato Esecutivo.

Ebbene, anche in questo caso, il giudicante dovrà prodursi in una disamina fattuale e concreta che abbia ad oggetto la verifica della effettiva titolarità del poteri tipici del “datore di lavoro”.

La Cassazione, infatti, ammette che anche in Comitato Esecutivo possa essere ritenuto co-titolare degli obblighi prevenzionistici ma solo una volta che sia verificato se “vi sia stata ingerenza dei membri del Comitato esecutivo nelle scelte decisionali e nell’ambito operativo… con particolare riferimento alle condizioni di igiene e sicurezza del lavoro”. (Cass. Sez. IV, sent. 7 dicembre 2017, n. 55005).

La posizione di garanzia rivestita dal “datore di lavoro”, tuttavia, può essere esclusa  laddove il Consiglio di Amministrazione, titolare degli obblighi prevenzionistici, abbia conferito, ad altro soggetto, una espressa delega di funzioni in materia di sicurezza e salute sul lavoro.

In una ipotesi siffatta, invero, i poteri e le prerogative legati alla posizione di garanzia del datore di lavoro si trasferiscono al delegato. A tal fine, è necessario che la delega sia conferita nel rispetto delle rigorose modalità previste dall’art. 16, D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 (Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro).

La predetta disposizione normativa dispone, segnatamente, che la delega di funzioni soddisfi alcune tassative condizioni, tra le quali: il conferimento tramite atto scritto, recante data certa, nonché l’attribuzione al delegato di tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla natura delle funzioni delegate (art. 16, comma 1, D. Lgs. 81/2008).

Residuerebbero, invece, in capo al Consiglio di Amministrazione, in qualità “datore di lavoro”, i doveri di controllo sull’andamento della gestione della società nonché un dovere di intervento sostitutivo nel caso di mancato esercizio della delega.

Sul punto, la Suprema Corte, nell’ambito delle sentenze in commento, coglie l’occasione per fare alcune precisazioni.

Innanzitutto, i giudici di legittimità rimarcano la differenza ontologica che intercorre tra la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, servizio previsto all’art. 31 del D. Lgs. 81/2008, e la predetta delega di funzioni.

La logica conseguenza di tale diversità si riscontra negli “effetti” che i due fenomeni a confronto sono in grado di sortire, dal momento che la nomina di un RSPP non incide sugli obblighi di prevenzione e la conseguente posizione di garanzia in oggetto, che continuano a gravare sul “datore di lavoro”.

Ed invero, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, come da costante giurisprudenza, è un mero ausiliario del datore di lavoro, che lo assiste nella ricerca dei fattori di rischio e nella individuazione e adozione delle misure per la sicurezza e la salubrità dell’ambiente di lavoro.

Il responsabile non assume, viceversa, “poteri decisionali e di spesa” all’interno della società, di talché la sua designazione non può esonerare il datore di lavoro dai relativi obblighi prevenzionistici.

Non diversamente per quanto attiene la individuazione, da parte del Consiglio di Amministrazione, di un preposto designato alla gestione dei rapporti di lavoro.

Anche in questo caso, il “datore di lavoro” non potrà considerarsi esonerato dagli obblighi in discorso, salvo che sussista, ovviamente, la delega di funzioni nei confronti del preposto medesimo, ex art. 16, D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81.

Affermano, invero, i giudici di legittimità come “la predisposizione di un preposto non costituisce atto di delega in senso stretto”, che, anche in questo caso, è dunque cosa ben diversa rispetto alla mera individuazione del preposto.

Il datore di lavoro, pertanto, rimarrà vincolato ai “propri obblighi di organizzazione e di vigilanza sulla osservanza delle procedure aziendali” e ciò, anche nei confronti dello stesso preposto (Cass. Sez. IV, 3 gennaio 2020, n. 54).

– Cass. Sez. IV, sent. 3 gennaio 2020, n. 54 –
– Cass. Sez. IV, sent. 20 febbraio 2020, n. 8118 –
 – Cass. Sez. IV, sent. 7 dicembre 2017, n. 5005 –
– Cass. Sez. IV, sent. 20 maggio 2013, n. 21628 –